19 marzo 2007

Stage di Taijiquan a Padova col Maestro Wang Xian

Bentornati nel piccolo spazio del mio blog dedicato al Tai Chi Chuan. Lo scorso weekend, ovvero ieri e l'altro ieri, siamo stati in quel di Padova e abbiamo partecipato ad uno stage del maestro Wang Xian. Il Maestro è uno dei Quattro guerrieri di Buddha, in sostanza uno dei depositari della tradizione del Taijiquan stile Chen. In effetti noi abbiamo partecipato solo nel weekend, mentre per tutta la settimana si sono potuti allenare col Maestro gli istruttori della nostra scuola.
E' stata dura, per vari motivi. Sicuramente in primo luogo per il fatto che non avendo ancora cominciato a praticare lo stile Chen mi sono trovato un po' spaesato. E in due giorni abbiamo messo tantissima carne al fuoco. Forse avrei preferito che facessimo un po' meno apporofondendo di più, ma in fondo ero già preparato al peggio. Quando ad uno stage partecipano più di 70 persone non è semplice trovare il giusto equilibrio perchè tutti possano apprendere qualcosa. Ma in ogni caso solo vedere i movimenti del maestro e apprendere pochissimo è già una bella conquista, dato che il M° Wang Xian non è mai stato in Italia e questa è la prima volta che viene, esclusivamente per noi.
Ok, basta fare gli sbruffoni! Ci sono altri motivi per cui ho fatto una certa fatica a concentrarmi, ma è inutile tediare i miei cari affezionatissimi lettori.
La cosa più bella, come ogni stage, è rivedere le persone care. E nella nostra scuola ce ne sono davvero tante. Si è formato davvero un bel gruppo, una grande famiglia, ed è bello ritrovarsi di tanto in tanto e faticare un po' insieme. Ma per raggiungere il massimo bisognerà aspettare Celleno 2007, ovvero lo stage estivo in provincia di Viterbo.
Fra qualche giorno metterò (o linkerò dal sito del maestro) qualche foto dello stage così potrete ammirare il gruppone dei disperati.
Ora si mangia, ciao

Aggiornamento: ecco la foto di gruppo

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03 marzo 2007

America 2007


INDIANAPOLIS



Eccomi, è tempo di scrivere queste due righe sul viaggio in America. Mettetevi comodi e fatevi questo viaggetto virtuale che dividerò in tappe per comodità di lettura, in modo che possiate leggerlo a rate se vi va.
Riassumerò le prime fasi del viaggio senza soffermarmi troppo: decollo da Malpensa con Vladi e Bonfa, primo scalo a Philadelphia.
Qua Vladi ci abbandona per prendere un volo diretto verso Indianapolis mentre noi partiamo alla volta di Chicago dove, dopo aver percorso un paio di chilometri nell'aereoporto gigante, ci incontriamo con Zanna. Grande gioia, grande simpatia e positività, baci e abbracci e prima birra per Zanna e Bonfa che comincia a commentare sul fatto che gli chiedano la carta d'identità per poter avere un alcolico che sa di acqua sporca. Ci si imbarca per Indianapolis dove arriviamo verso le 20 o giù di lì, ed ecco la prima sorpresa: il mio bagaglio non arriva a destinazione. Ci facciamo un bel tour in aereoporto con Zanna che scherza amorevolmente con le ciccie all'ufficio dei bagagli smarriti, facendo presente che nel giro di qualche giorno potrei cominciare a puzzare, dopodichè andiamo al banchetto della National e richiediamo la Volvo fiammante che ci porterà in giro per gli states.
Nel frattempo io esco per fumarmi una sigaretta e scopro che la temperatura è VERAMENTE bassa, io sono poco vestito e i miei bagagli chissà dove sono... la cosa mi rovina definitivamente l'atmosfera classica da inizio vacanze, ma rimango speranzoso anche se leggermente sconsolato. Raggiungiamo quindi il Knights Inn, dove ci attende Vladi e prendiamo le stanze.
Vaghiamo un po' per la città che non offre nulla di interessante, entriamo in un locale dove ci facciamo una mangiata di filetto che non mi godo per niente a causa del raffreddore che mi inibisce il gusto. Fuori la temperatura è sempre più bassa e, mentre io sbarbello per lo stordimento da viaggio e per il freddo, noto che un sacco di gente sta all'esterno del locale, a fumare, in maglietta a maniche corte!
Usciamo, ci facciamo un giro durante il quale non posso fare a meno di sporconare in continuazione per il freddo (-20°C circa) e ci ritiriamo in albergo. Qua Zanna indossa la sua bella mascherina da dottore perchè, dice, non vuole prendersi il mio bacillo europeo, che invece alla fine prende e porta a casa.
Il giorno dopo facciamo la nostra prima colazione americana alla Waffle House, dove Zanna ci inizia ai piaceri di uova, bacon, harshbrown, ovviamente waffle, caffè (cioè, quella bevanda a base di acqua e un minimo di caffeina) e ketchup a volontà. Devo essere sincero, la colazione americana mi ha stregato. A questo punto abbandoniamo Vladi e Bonfa allo stadio dove si tiene la fiera degli accessori per moto, alla quale partecipano in cerca di contatti lavorativi. La nostra prima tappa, a questo punto, è la farmacia. Zanna pensa bene di riempirmi di medicine per il mio leggero catarro, dopodichè torniamo in macchina e cominciamo il nostro giro turistico.
Ad Indianapolis vediamo il circuito con annesso museo automobilistico di cui allegherò alcune foto quando Zanna me le manderà visto che non ne ho fatte. Poi andiamo al museo degli indiani d'america dove non c'è un granchè da vedere se non alcune opere che Andy Warhol ha eseguito subito prima di morire, davvero interessanti. Ci mangiamo un'insalata preconfezionata in fretta e furia per non perderci il museo di Stato dell'Indiana che sta per chiudere e propone una mostra di tipo Naturalistico da un lato e Storico dall'altro, ma nulla che mi affascini particolarmente. Alla fine, per sollevare il morale chiamiamo in aereoporto e scopriamo che il mio bagaglio è già stato spedito al motel. La cosa mi solleva moltisssssimo, quindi torniamo in albergo. Il tizio alla reception fa un po' di storie perchè qualcuno ha avuto la bella idea di scrivere sull'etichetta della valigia il nome del Bonfa, ma alla fine si convince che è mia e me la dà. Dopo un po' di bivacco andiamo a goderci un bel concerto jazz in un localino piccolo piccolo e molto affollato dove suona una violinista con la sua band. Bonfa e Vladi invece non trovano la forza di raggiungerci perchè sono stremati dalla cena con i coreani, già loro committenti, presenti alla fiera col loro stand. Dopo un po' di buona musica usciamo dal locale e ci mettiamo a vagare scattando qualche foto nella zona industriale... da notare che ad Indianapolis non c'è un tubo se non tante industrie illuminatissime e fumosissime.

      






NASHVILLE

La prima vera tappa del nostro tour è Nashville. Lasciamo Vladi all'aeroporto di Indianapolis e partiamo. Il viaggio fila via piuttosto liscio, complice il Cruise della Volvo, cioè quel tastino che permette di mantenere una velocità preimpostata senza dover tenere il piede sull'acceleratore... e vogliamo parlare del cambio automatico? del fatto che quando schiacci il freno, non devi pensare alla frizione... parliamone allora: quella splendida innovazione che da un lato ti semplicizza di brutto la vita alla guida e dall'altro ti abitua alla disattenzione, in fondo cosa devi fare? accelerare, frenare (tutto con lo stesso piede) e sterzare. Qualche foto qua e là, uno stop per un pasto frugale dal quale mi astengo perchè il mio stomaco non ha gradito molto la strada su-e-giù che abbiamo percorso.



  



Infine arriviamo a Nashville. A prima vista non dice molto, una manciatina di palazzoni e tanta luminaria. Troviamo il Knights Inn e piazziamo la nostra roba per poi cominciare il nostro tour. Da subito capiamo che questo è un posto speciale. La via principale ospita una serie di locali pieni di movimento e di musica. Ogni locale ha il suo gruppo che suona, la musica straborda in strada. Non possiamo fare a meno di entrare in ognuno di essi, berci qualcosa e ascoltare il gruppo di turno.




     
  




Il più bel locale, forse il più vecchio, è Tootsies, un pub a due piani, il piano terra piccolino con un minipalco, bancone, tavolinetti con sgabbelli, una miriade di foto alle pareti, affollatissimo; il secondo piano leggermente più grande con una seconda saletta dedicata al palco. Quindi suonano due gruppi, uno sopra e uno sotto. Ascoltiamo e ci sediamo accanto ad una coppia che dopo aver conversato un po' con noi con la classica curiosità, senza ritegno si lascia andare a teatrini sessuali raccapriccianti. Ma è tutto normale, siamo negli States e da un momento all'altro potrebbero saltarci addosso un branco di donne affamate... ma non accade, ed è un bene, perchè ne basterebbero un paio per schiacciarci e ridurci come sogliole.


     




Ci spostiamo da un locale all'altro, approdiamo al Bluegrass Inn troppo tardi, sta suonando un ottimo gruppo di... pensa un po'...Bluegrass, ma siamo agli sgoccioli. Zanna viene abbordato da una signora e si scatenano nella danza, lei avrà una quarantina di anni, la figlia bellissima in compagnia di un'amica siede al tavolo e ride. Finiscono di ballare e la signora viene a farsi quattro chiacchiere con noi, come al solito gente molto aperta e curiosa. Usciamo dal locale e torniamo in albergo consapevoli del fatto che questa prima tappa merita più tempo, quindi rimarremo un altro giorno per goderci appieno la situazione. Il giorno dopo vogliamo visitare il museo della musica di Nashville ma siamo così sfortunati che è chiuso per una festa privata, poco più in là però ci attende la Musicians Hall of Fame. Ovviamente ci fiondiamo dentro. Il posto è pieno di strumenti appartenuti a musicisti famosi, foto, e macchinari ormai diventati pezzi di modernariato. Il pranzo è rapido per poterci ri-immergere il più velocemente possibile nella musica. Ed eccoci di nuovo a vagare per i locali già piuttosto vivi di primo pomeriggio, soprattutto Tootsie che ospita un gruppo coutry sullo stile di Cash, visto che il primo cantante ha la voce uguale. Poi subentra un nuovo cantante al posto del primo e riprendono a suonare. Vicino a questi locali c'è un bel negozio di musica con una bella insegna che dice che si acquistano chitarre usate. Pensiamo quindi di trovare delle offerte interessanti ed entriamo a farci un giro. Bonfa aveva già adocchiato, dall'esterno, una chitarra che adora e che vuole da sempre (Firebird della Gibson), e bisogna dargliene atto, è proprio bella. La chitarrina è appesa in mezzo ad una sfilza di Gibson, ci avviciniamo e l'etichetta ci stordisce: 5000 e passa dollari... riprendiamo il giro per il negozio. Io adocchio una Tacoma acustica piccola piccola e me ne innamoro... 400 dollari... torniamo a farci il giro dei locali. Infine entriamo in un negozio di paccottaglia... che in America ce ne sono tanti, cianfrusaglie di tutti i tipi. Ci prendiamo il tempo per scegliere qualche pensierino scemo per i nostri compagni di merende, il Reparto Corse che nel frattempo è a Bergamo in via Finazzi a comporre un pezzo nuovo. Per non essere da meno acquisto una chitarrina souvenir per poterci fare qualche suonata durante i viaggi in macchina, di quelle con scritto Nashville, con marca Harmony (dal milleottocentosarcazzo)... e Made in China. Quindi decidiamo di fare un salto in motel e poi cercare un posto dove dedicarci ad una buona cena. Il posto è ottimo, gran carne, una cameriera molto gentile e cortese che offre anche il dolce, una torta, a suo dire la più leggera, una sola fetta da dividere in tre... credo che non l'abbiamo neanche finita quella Cheesecake. Dopodichè è finalmente scoppiata la bomba che Bonfa si portava appresso da un po'. Non è riuscito più a trattenersi. Quando è arrivato il conto e Zanna ha fatto il classico calcolo del 20% per lasciare la mancia, il nostro Faraone non ci ha visto più: non è possibile, ripeteva, che cazzo significa lasciare una mancia così alta? E Zanna a dargli corda: ma si, è giusto, perchè loro non percepiscono stipendio, il loro guadagno si basa solo su quello che prendono di mancia, sono anche invogliati a comportarsi meglio. E Bonfa, no perchè non ha senso, io sono italiano, cosa ne so che devo dare la mancia, se non lo avessi saputo da te non darei mance e nessuno mi direbbe niente. E Zanna, si, ma te l'ho detto e adesso sai che funziona così... alla fine il Faraone si è trovato in minoranza e ha dovuto soccombere alla aggiunta che ho fatto io di un paio di dollari per raggiungere il 22% perchè a noi era sembrata davvero molto gentile rispetto alla media. Nel frattempo la signora dietro TomTom (cioè Zanna), accompagnata da due signorine e un ragazzotto si avvicina e chiede di dove siamo. Insomma, un'altra combriccola incuriosita dall'accento. Torniamo a girare per locali, come le altre volte si parte da Tootsies, poi, uscendo ci casca l'occhio sul marciapiede di fronte... ok, negli stati uniti le strade sono grandi, ma com'è possibile che da questo lato ci siano tanti locali quanti sul marciapiede di fronte ma di là non ci sia movimento? Questa è una sfida per il Faraone che ci sprona alla conquista del lato indomito. Entriamo nel primo locale che vediamo, due persone al bancone, due persone a servire, sul palco un gruppo composto da un paio di pesi massimi, una bassista imbronciata, un chitarrista e una batterista che però non vedevo data la stazza della cantante, peraltro con una voce notevole. Dopo pochi minuti entra un vecchietto completamente fuori. Per chi conosce Gigi Milano di Stezzano non è difficile immaginarselo dato che era praticamente uguale in tutti i movimenti, o quasi. Si è messo a fare foto con noi, a farci lui altre foto etc. Stufi di sentire sempre e solo cover, abbiamo fatto chiedere a TomTom Zanna di fare un pezzo proprio. I pesi massimi: il ragazzo alla chitarra acustica/voce e la ragazza alla seconda voce hanno eseguito il loro pezzo e siamo stati tutti felici e contenti, mentre nel locale entravano 5-6 ragazze. Quindi ci siamo alzati (le ragazze non valevano lo stop della comitiva). Già stufi del lato buio della strada ci abbiamo ri-attraversato. Era martedì, dunque Martedì Grasso. Voi direte: come mai non stavate a New Orleans dove si festeggia il carnevale conosciuto in tutto il mondo? Perchè se guardate una piantina vi accorgerete che atterrando il sabato sera a Indianapolis non è proprio uno scherzo scendere fino a New Orleans... Insomma cerchiamo una via di cui ci hanno parlato dove si festeggia il carnevale. La troviamo: a parte il classico scorcio cinematografico da via laterale americana, con tanto movimento e tanta gente in aria e locali con signorine particolarmente avvenenti che karaokeggiano, non si prospetta nulla di particolare. Torniamo verso il centro e ci imbattiamo in un negozio unicamente di stivali. Ci si ferma a fare qualche foto e a provare qualche paio, infine si torna al Bluegrass Inn, un giro al Tootsie con grande manifestazione di nazionalismo incorporata: il cantante del gruppo al secondo piano invita sul bancone un soldato tutti in ghingheri facendo presente che è grazie a gente come lui che l'ammerrega è un posto così splendido e libero. Tutti orgogliosamente contenti, canzoni inneggianti alla patria cantate a gran voce da tutti i presenti, il soldato che fa tutto un discorso che non ho capito assolutamente, poi salgono un po' di ragazze sul bancone e via di Sweet Home Alabama, che durante la vacanza abbiamo sentito davvero in tutti i contesti! Prima di tornare in motel scopriamo un locale che non avevamo notato prima, il Fuel. Stava suonando un gruppo davvero ottimo di rock con più voci, peccato che fossero all'ultima canzone.


     





MEMPHIS

Arriviamo a Memphis che è l'ora di pranzo, o giù di lì. Ci fermiamo quindi a mangiare in un locale dove una delle cicce alla cassa ci chiede di dove siamo e quando sente che siamo di Bergamo, vicino a Milano si infervora e comincia a parlare del suo primo amore, un Milanese che l'aveva ospitata a casa sua in Via Veneto... oh quant'era bello, o quant'era romantico, e intanto noi ci sbafiamo hamburger, insalatone, kebab locale. Insomma, un bel pasto americano come si deve. Usciamo e ci facciamo un giro alla ricerca dei locali in downtown, dove poi passeremo la serata. La via centrale è piena di locali, anche se si fiuta un'aria un po' più turistica di quanto non fosse a Nashville. Non ci facciamo particolarmente caso, visitiamo lo stadio di baseball e vaghiamo un po' alla ricerca di un motel finchè a pochi passi dal centro vediamo l'insegna di un motel, il Kings Court. Notiamo che è abbastanza scaccione da poter andare bene, quindi entriamo e, sentito il prezzo, prendiamo al volo la stanza a tre letti. Stanza che ha un forte odore di muffa, i lenzuoli conservano gelosamente antiche macchie, bruciature, strappi. Zanna ci spiega che gli indiani (non i nativi, gli immigrati indiani) sono i più sporchi. Ok, non generalizziamo, ma in effetti dei motel visitati finora, questo è il più sporco. Ma a noi va bene così, si spende poco, ci si trova in pieno centro, non ci sono donne al seguito che si lamentino delle condizioni igieniche. Per una notte si può fare.



   



Depositiamo le nostre cose in stanza e decidiamo che è tempo di visitare i Sun Studios, lo studio di registrazione dove Elvis ha registrato la sua prima canzone, un pezzo che voleva dedicare a sua madre per il suo compleanno. Il posto è piuttosto piccolo ed è dedicato soprattutto ad una parte di museo. La guida, un tizio particolarmente simpatico e anche molto bravo a farsi capire, ci ha portato in giro per le stanze raccontandoci del fondatore della Sun, Sam Phillips, e dei vari artisti che sono passati di là, da Elvis agli U2. Dopodichè, arrivati all'ultima stanza, cioè la sala dove si registra, ci ha spiegato che ai Sun Studios si può registrare a 75 dollari l'ora e chi vuole può incidere una traccia scelta da una lista di pezzi da karaoke a 30$, dopodichè ti consegnano il cd con l'etichetta Sun Records ed hai il tuo bel souvenir personalizzato. Ovviamente appena Zanna e Bonfa l'hanno sentito mi hanno subito tempestato dicendomi che avrei dovuto assolutamente registrare un pezzo e che mi avrebbero finanziato per un terzo ciascuno il costo della registrazione. Quindi alla fine non ho avuto scelta. Mi sono smazzato la lista completa dei pezzi con la consueta indecisione e ho scelto Crazy Little Thing Called Love, vecchio cavallo di battaglia dei Matrigna, band composta anni fa da me, zanna, pisu perix/jack (perix, dove sei?!). Vado per registrare e a metà il pezzo va in palla, quindi bisogna cambiare brano e mi decido di fare Every breath... di Sting. Nulla di chè, i miei compagni tutti esaltati, io un po' meno, ma alla fine ho il mio cd con etichetta che potrò incorniciare e conservare per mostrare ai nipoti...


   

Chiediamo come arrivare a Graceland, la casa di Elvis ma ci dicono che è già chiusa, quindi rimandiamo al giorno dopo. La sera si va a cena in uno dei ristoranti più rinomati di Memphis e, ovviamente, segnalato dalla guida. Il posto si chiama Rendezvous e come specialità serve costine (Pork ribs) cucinate col barbeque. Non ho con me la foto, ma spero che zanna me la invii per tempo per mostrarvela: arriva un blocco marrone scuro e grossissimo che a prima vista ci lascia un po' interdetti, poi cominciamo ad azzannare e ci accorgiamo che il colore è dato dalla quantità di spezie che ricoprono le costine che sono davvero tenerissime e ottime. Veramente una gran mangiata, e adesso che ci penso e che si avvicina l'ora di pranzo non posso che sbavare al pensiero. Ottimo, consigliatissimo a chi si trovasse da quelle parti! In ogni caso il Barbeque è la specialità della zona, quindi le pork ribs si trovano un po' ovunque. Dopo la cena ci troviamo a girare per la via principale, guardiamo tutti i locali da fuori perchè tutti hanno un costo di ingresso. Alla fine decidiamo per un locale dove sentiamo un gruppo che fa pezzi di Hendrix. Il tizio all'entrata fa un po' di teatrino prima di farci entrare facendo finta che ci farà entrare ad un prezzo di favore... lo assecondiamo ed entriamo. Ordiniamo due birre e un whiskey, dico 'questo giro ve lo offro io', passa la tipa con beveraggio e conto, dico 'facciamo che vi pago il prossimo', spendiamo 26 dollari, ma un motivo più o meno valido c'è, i bicchieri della birra targati BBKing sono in regalo. Il gruppo che suona è davvero in gamba ma non ha soddisfatto la nostra sete di musica, quindi, finito il concerto usciamo ed entriamo nel locale di fronte dove suona un gruppo davvero splendido, The Dempseys. Questi ragazzi li avevamo già notati un paio di ore prima, ma poi siamo passati oltre, vedendoli mi pento di essere passato oltre perchè sono davvero in gamba. Batterista, chitarrista e contrabbassista. Fanno uno spettacolo da circo, pezzi molto veloci un po' rockabilly, un po' blues, un po' country, un mischiotto insomma, gli unici finora che fanno pezzi propri. Stiamo a guardarli nelle loro evoluzioni, poi fanno una pausa. Rimaniamo nel locale perchè non possiamo perderceli, poi quando riprendono fanno un solo pezzo e ci lasciano leggermente a bocca asciutta. Però sono così esaltato che alla fine compro un loro cd, anche se avrei preferito un dvd, visto che sono davvero uno spettacolo da vedere. Il giorno dopo visitiamo il museo del Rock&Soul. Purtroppo accanto al museo c'è uno stabilimento Gibson. Dico purtroppo perchè abbiamo un'ora di tempo prima che cominci il tour all'interno dello stabilimento e vogliamo sfruttare quest'ora per lavorarci il museo. La scelta si rivela sbagliata, perchè il museo è davvero bello, all'interno si è guidati dalla classica audioguida, una specie di ipod che spiega le varie sezioni, la differenza rispetto agli altri musei visti finora è che questa audioguida contiene centinaia di pezzi musicali. In giro per il museo ci sono dei jukebox con la lista di brani corrispondenti all'argomento trattato e tramite l'audioguida si possono ascoltare anche tutti, avendo il tempo. Insomma c'è da perdercisi ma noi non abbiamo tempo perchè TomTom spinge per arrivare in tempo alla visita guidata dello stabilimento Gibson. Che in realtà non è nulla di chè. Una simpatica ragazzina sbarazzina ci fa da guida, non si capisce un cazzo di quello che dice, all'interno dello stabilimento c'è gran frastuono, quindi non rimane che guardarsi in giro e farsi un'idea. Peccato, il museo valeva veramente molto di più. Ma a questo punto il tempo a nostra disposizione è finito, bisogna correre a Graceland e poi ripartire per la prossima destinazione, Clarksdale.


    



La casa di Elvis è un villone, con alcune sezioni distaccate, ma a parte quello, l'industria del turismo made in USA ci ha costruito attorno un mondo fatto di pulmini che fanno la spola, guide, negozietti di gadgets, museo dei vestiti di Elvis, museo delle macchine di Elvis, aereo privato di Elvis, aereo privato della figlia di elvis. Prendiamo il nostro bel biglietto, ci dirigiamo verso il pullman, c'è un cartellone con la foto della villa, tutti quelli che passano per prendere il pullmino si mettono davanti al cartellone e una tipa fa una bella foto, poi si sale sul pulmino e si arriva alla casa. All'interno l'audioguida ti dice il secondo piano è chiuso per riservatezza verso il defunto (alla faccia della riservatezza visto che per il resto è diventato un parco giochi). Quindi si passa per il salotto, la sala da pranzo, la cucina, poi si scende nella stanza tutta specchi che ospita tre televisori, stereo e collezione di dischi appartenuta ad Elvis. Si risale e si passa per il salotto ad ambientazione giungla dove una parete è stata trasformata in una cascatella. Si esce e ci si sposta in uno stanzone adibito a museo, dove c'è un po' di oggettistica varia, tra cui un letto tutto di pelo bianco prelevato dal secondo piano (quello che non si può vedere per questioni di privacy). Poi uno stanzone che era lo studio di Elvis con tanto di video girato al ritorno dal servizio militare che dimostra che era proprio quello lo stanzone dove l'avevano ripreso... e poi un'altra ala distaccata dove Elvis teneva le centinaia di dischi d'oro ricevuti, articoli di giornale, poster, etc. Ancora un'altra ala distaccata dove le pareti sono cosparse di altri premi vari. E il giro per la casa è concluso, mancano giusto le tombe che sono tutte nel giardino. Un ultimo saluto ad Elvis prima di tornare al campo base dove ci aspetta un bancone con tante buste di plastica. Ricordate la foto di cui vi parlavo prima di prendere il pulmino? Ecco, mentre tu fai il tuo giretto, loro stampano una bella gigantografia, e ti piazzano dentro foto, ingrandimento, e magneti vari, poi, a questo punto, tentando di venderti il tutto a 15$ se non ricordo male. Ovviamente non ci caghiamo minimamente il loro tentativo di lucro e passiamo dal museo dei vestiti prima e dal museo delle macchine dopo. Da notare come all'uscita di ognuno di questi posti ci sia un negozietto, un giftshop 'ad hoc'. E infine l'aereo privato, all'interno del quale Zanna si siede su un comodo sedile per gli ospiti finchè gli faccio notare che c'è un bel cartello che chiede cortesemente di non toccare nulla. Anche l'aereo ha i suoi schermini che spiegano l'uso che veniva fatto di ogni stanza. Poi si passa al secondo aereo, il jet della figlia, che però è molto più piccolo e con un'occhiata si vede tutto quello che c'è dentro. Finito il tour si riparte verso la città del blues, Clarksdale.
   

 




CLARCKSDALE


Ci muoviamo verso Clarksdale, la città del blues di cui Bonfa ha letto grandi cose sulla sua guida Lonely Planet. Siamo in fermento perchè l'uomo bianco comincia a scarseggiare e si vedono solo neri in giro. Nulla che abbia a che fare con razzismo o cose del genere, fa solo strano trovarsi in un posto in cui le case sono tutte piuttosto devastate e diroccate come solo i prefabbricati americani possono esserlo e lontani dalle luminarie di Nashville o Memphis. Siamo a sud e la cosa ci intimorisce il giusto. Clarksdale si rivela una cittadina immobile, buia e quasi fantasma. Cerchiamo il locale indicato sulla solita guida, TomTomZanna ci passa anche accanto ma non ce ne accorgiamo e tiriamo dritto, ci fermiamo in uno di quei market benzinari classici americani e ci spiegano come arrivare al posto. Riusciamo a raggiungerlo e non ci ispira molto. Da fuori ci intimorisce, ma consci del fatto che cominciamo ad intimorirci un po' più del dovuto usciamo dalla macchina e sbirciamo dentro. L'ambiente è splendido, c'è un po' di gente e nessuno ha la faccia del natural born killer, quindi chiudiamo la macchina ed entriamo. Come le altre volte ci accoglie gente molto serena e curiosa. Scopriamo che il locale è stato aperto da Bill Luckett, Howard Stovall e Morgan Freeman. Ci mangiamo del buon pesce gatto dopodichè ci allontaniamo quei 10 minuti per cercare il motel che ci ospiterà per la notte. In verità sopra a Ground Zero ci sono delle stanze, ma sono troppo belle (infatti cozzano un po' con l'estetica del locale) e costano troppo. Finiamo al Royal Inn, altro motel tenuto da indiani dell'India ma stavolta sembra molto più pulito del precedente. Sistemiamo le nostre cose, faccio in tempo a scrivere due righe sul blog e si torna a Ground Zero dove ci aspetta una serata un po' particolare. Infatti il mercoledì sera è dedicato al palco libero, in sostanza chi vuole sale sul palco e suona. C'è un interessante gruppo che si esibisce all'inizio, e si tratta certamente di una jam blues con un tipo di colore che indossa un gilet in metallo zigrinato e tiene due posate che, strisciate sul gilet, fanno da ritmica. Dopo qualche pezzo lasciano il palco ad un gruppo di israeliani che vengono da israele per imparare il blues. Cominciano a suonare. Davvero una schifezza... non erano tutti malaccio, sicuramente il cantante era una bora assoluta, e comunque vedere degli israeliani barbuti che suonano blues fa un po' specie. Tant'è che per un po' nessuno applaude, cosa davvero desolante, i pezzi finiscono e nessuno batte le mani. Facevano un po' pena, quindi diamo il via a qualche applauso. Poi col tempo salgono sul palco altre persone e si creano jam interessanti. Certamente il locale vale la serata, con o senza musica di spessore. Poi sale un altro tipo di colore che avrà avuto almeno 70 anni che imbraccia la chitarra e si fa la sua cantata, ottimo, ha risollevato la serata. Solo dopo scopriamo che è un produttore che passa di tanto in tanto a cercare nuovi talenti... chiaramente questa sera non ha scoperto nessun nuovo talento. Finita la serata ci ritiriamo nel nostro motel, ma nel tragitto mi viene un leggero languorino che decido di sedare con un doppio hamburger da Wendy. Colmato questo vuoto torniamo al Royal Inn e ci mettiamo a letto.
   






NEW ORLEANS
Sulla strada verso NewOrleans incontriamo una ridente cittadina che sembra tutt'altra cosa rispetto ai paeselli visti finora. Si tratta di Natchez, una vecchia colonia spagnola. La cittadina è tenuta benissimo, le case sono tutte in muratura, solidamente piantante a terra a differenza del classico prefabbricato americano. Scopriamo che in città ci sono una trentina di case aperte al pubblico ma non abbiamo tempo, il viaggio verso NO è lungo e non ci permette soste troppo impegnative. Quindi finiamo al cimitero che è gigante e completamente esplorabile in macchina. Qui i miei compagni di viaggio, ma soprattutto TomTomZanna, scattano miriadi di foto, evidentemente le lapidi sono un buon soggetto, staremo a vedere. Dopo questo allegro girovagare riprendiamo il viaggio.

   
A riguardo non ho molto da dire, si è parlottato un po', ascoltato gran musica (Jack FM è la frequenza che ha allietato il nostro viaggio per la maggior parte del tempo, sin dal nostro arrivo a Indianapolis), e dormito. Apro gli occhi e siamo imbottigliati in tangenziale a NO. Ci aspettavamo qualcosa di diverso, di più spartano; in realtà la città non ha nulla di spartano, ci sono tanti palazzoni enormi, uno stadio da paura, un traffico bestiale. Cerchiamo il quartiere francese che è l'unico dato per sicuro dalla nostra guida. Lo raggiungiamo senza troppi problemi, dopodichè cerchiamo un posto dove depositare i bagagli per le prossime 2 notti e finiamo al Motel 8, altra famosa catena americana. Ci rechiamo finalmente in centro. Il posto appare subito il più turistico visto finora. Più avanti scopriremo che il turismo di questi giorni è fuffa, perchè ci sono due navi da crociera ferme in porto e 8000 turisti in giro per il quartiere francese, mentre in genere, ci dicono, è ancora tutto piuttosto fermo. I locali sono meno soddisfacenti, cioè, ci appare tutto meno rustico, ma non ci facciamo intimidire. La caratteristica di questa via principale è che molti locali espongono un sacco di foto di donne seminude, club a luci rosse insomma, alternati ad altri locali con balconate dalle quali spuntano miriadi di ragazzini che lanciano in basso collanine colorate verso dementi che inscenano balletti idioti. Adocchiamo subito Maison Bourbon (Preservation Hall of Jazz). Ora, nella nostra guida si parla di una preservation hall, locale caratteristico, senza un servizio ristoro, esclusivamente uno stanzone in cui si esibisce l'orchestra jazz locale. Non siamo convinti che sia questo il posto perchè qua c'è il bancone, ma dopo la cena torneremo sicuramente. Troviamo un ristorante che sembra dare delle garanzie, The Alpine, con tanto di cartello all'ingresso che ne indica la menzione sulla guida dei ristoranti più importante d'America. Entriamo, ci sediamo vogliosi di provare il piatto tipico locale, la Jambalaya. Davanti a noi, di spalle, un single-man-band, un tizio che si diletta con sassofono, tastiera, voce e che fa estremamente cagare, o forse, come dice Bonfa, è estremamente avanti. Mentre il tipo tenta di dilettare il pubblico (che anche qui non accenna al minimo applauso e di nuovo dobbiamo essere noi ad incoraggiarlo) il cameriere comincia a portare i bicchieri. Già solo a vedere i bicchieri mi viene un conato, tom tom è io ci troviamo l'impronta delle labbra dei precedenti avventori sul vetro. Fortunatamente io ho chiesto una cocacola, quindi quel bicchiere quasi non lo tocco. In compenso la cocacola ci mette una vita ad arrivare e quando arriva è terribilmente annacquata, e l'acqua usata ha anche un saporaccio. La jambalaya non è nulla di chè, ma siamo sicuri che è solo colpa del localaccio. Ci facciamo la nostra cena con poco entusiasmo e quando arriva il conto per la prima volta troviamo già inclusa la mancia e le tasse sulla mancia!!! Alla faccia loro, paghiamo e ce ne andiamo, ma nell'andarcene sconsigliamo l'ingresso ad un paio di ragazzi che erano fuori a guardare il cartello dei prezzi... una piccola vendetta per il trattamento. Torniamo quindi nel vialone principale e ci guardiamo intorno alla ricerca di un locale che ci ispiri particolarmente. Purtroppo la via è davvero troppo turistica, alla fine ci infiliamo nella suddetta Maison Bourbon dove un sestetto jazz ci illumina la serata. Notevolissimi batterista e pianista che alla loro veneranda età ci danno dentro di brutto, soprattutto il batterista. Nel frattempo Bonfa vuole di più e si fa un giro per gli altri locali. Quando io e Zanna decidiamo di uscire ci raggiunge dicendoci di seguirlo perchè c'è un cantante da vedere assolutamente. Canta in un gruppo funky, ma l'attrazione è proprio lui, l'uomo montagna, Big Al Carson. Rimaniamo di stucco e non possiamo che sederci. Ordino un whiskey e mi arriva una bevanda che è tutt'altro, una schifezza verde all'anguria credo, così dolce che mi nausea (e chi mi conosce sa bene che ce ne vuole per nausearmi). Ci guardiamo Big Al in pausa che conta i soldi raccolti nel loro barattolo delle mance senza mai accennare ad alzarsi. Poi il concerto ricomincia e il gruppo non è niente male, Big Al canta bene e il gruppo se la cava gran bene. Ma comincia ad essere tardi e noi siamo stanchi, quindi ci alziamo e ce ne andiamo a dormire.


     
Il giorno dopo ci svegliamo piuttosto tardi, ma non è gran problema visto che durante le prime ore della mattinata ha piovuto. Andiamo subito a fare colazione, Bonfa demanda a Zanna la scelta della sua colazione e Zanna prende un sandwich con pesce gatto fritto. Bonfa porcona un po' e non riesce neanche a finire il panino per poi lamentarsi tutto il giorno che è stomacato. Oggi vogliamo farci un giro per le paludi, e infatti ci rechiamo in macchina per il tour degli alligatori. Passiamo 2 ore su una barca a motore col capitano che ci porta per i canali a cercare alligatori e qualche altro animaletto. Lui parla per due ore filate senza mai fermarsi, io non capisco una cippa, sarà che qua al sud lo slang è sempre più incomprensibile, però faccio un sacco di foto e corro di qua e di là a fare foto al paesaggio.

      

Quando ritorniamo sulla terra ferma è ancora troppo presto e il ristorantino annesso non è ancora aperto, quindi dobbiamo rinunciare ai bocconcini di alligatore di cui Bonfa parlava sin dal primo giorno. Lui stesso continua a ripensare alla colazione e non riesce a farsi venire fame. Torniamo al quartiere francese e ce lo giriamo un po' facendo qualche foto, nel frattempo cerchiamo un posto degno in cui mangiare, con la paura di prenderci un'altra fregatura. Alla fine chiediamo alla commessa di un negozio che ci indica un posto ottimo. Rustico al punto giusto e con le giuste portate. Finalmente mangiamo la Jambalaya che risulta molto più buona di quella della sera prima. Finiamo di mangiare e cominciamo a vagare di nuovo per la via del centro. Io non sono molto propenso perchè mi aspettavo qualcosa di molto più rustico da new orleans. E sicuramente da qualche parte ci sarà pure, ma noi siamo confinati nel quartiere francese che non offre posti particolarmente veraci. Siamo ancora convinti che la vera Preservation Hall sia nascosta da qualche parte, e infatti dopo poco, in una via laterale, vediamo l'insegna piccolina e tanta gente accalcata all'interno. Il posto è esattamente come descritto nella guida. Uno stanzone con panche, cuscini per terra e 7 elementi dell'orchestra jazz. Alla pausa c'è il cambio della guardia, escono quasi tutti e io e Bonfa prendiamo posto in una panchina ad un passo dai musicisti mentre zanna continua a vagare e fare foto su foto. Il gruppo è ottimo, da notare il cartello per la richiesta di pezzi: un pezzo tradizionale costa 2 dollari, un altro pezzo qualsiasi 5 dollari mentre The Saints 10$, e infatti un avventore richiede When the saints go marchin' in e dà i suoi 10 dollari. Finito il concerto ci sentiamo molto soddisfatti ma non è troppo tardi, quindi ci concediamo un giretto per vedere se c'è qualcosaltro da vedere. Finiamo in un posto con band all'aperto dove una signora ci abborda e comincia a dirci quanto le piaccia questo gruppo e poi le solite cose: 'da dove venite' 'cosa fate', etc etc. Anche questo gruppo finisce di suonare. E così finisce praticamente anche la nostra vacanza.
      
 


Il ritorno


Vi risparmierò il dettaglio del ritorno, vi basti sapere che abbiamo perso l'aereo che da philadelphia ci avrebbe portato a milano, in compenso siamo stati messi su un aereo diretto a roma. L'aereo è partito con 3 ore di ritardo, il tempo pessimo e una perturbazione pesante subito dopo cena mi hanno ribaltato completamente lo stomaco. Grazie al cielo eravamo in 2 su 4 posti, quindi abbiamo potuto addirittura dormire 4-5 ore, cosa che però non è bastata a sistemarmi lo stomaco. Ovviamente i nostri bagagli non sono arrivati con noi ma ci hanno raggiunti direttamente a casa mia il giorno dopo. Questo è praticamente il riassunto del viaggio.

Cosa rimarrà:

1) Zanna acquisisce un nuovo soprannome: TomTom per la sua capacità di guidarci in (quasi) ogni situazione

2) Il disprezzo verso le mance dimostrato da Bonfa non fa che rafforzare la sua immagine di Faraone

3) Io non sono aumentato di peso: com'è possibile? non ho sofferto il jet lag... c'è qualcosa di strano, sto cambiando, sarà sicuramente l'età...

4) la frase della vacanza è da imputare a Zanna: alla domanda 'siete qua in vacanza?' che ci hanno fatto quasi tutti quelli che si sono incuriositi per la nostra parlata da stranieri, zanna ha sempre specificato che io e Bonfa siamo musicisti (maddechè?) con grosse rimostranze del Bonfa che aveva paura gli mettessero una chitarra in mano e ci chiedessero di esibirci, cosa che ci avrebbe fatti sprofondare nella cacca, visto che senza il resto del RepartoCorse siamo come pesci fuor d'acqua

5) Ho scoperto che, nonostante tutto, non potrei mai convertirmi al regime alimentare americano.

6) musica musica musica


e adesso vi saluto che prima di mettere online questo post devo sistemare tutte le foto...

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